Progetti di ricerca su tartarughe marine e cetacei
Tutto nacque quando andarono a consolidarsi le collaborazioni all’interno di importanti progetti varati dal W.W.F. Italia e coordinati dal Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo Università La Sapienza di Roma, attraverso l’autorevole referente Prof. Roberto Argano, zoologo e ordinario, nonché responsabile nazionale scientifico dello stesso progetto. A lui si deve il Decreto, del 15 maggio 1980, del Ministero della Marina Mercantile che sancì la protezione delle tartarughe marine, cetacei e storione.
E fu proprio in quel contesto che nacque Mediterranean Sea Turtles Project U.I.C.N. E proprio grazie a questa importante sinergia e crescita di scoperte ed esperienze, che l’A.R.C.A. vide contribuire in modo preponderante al varo del progetto e a 93 pubblicazioni scientifiche, con coautori tecnologi di spessore internazionale come Mauro Cocco, Guido Gerosa, Daniela Freggi e Paolo Casale.
Ma l’A.R.C.A. non dimenticherà mai coloro che inizialmente ebbero un ruolo determinante nel concreto avvio del progetto. In primis tutte le marinerie dei pescatori salentini, ed in ordine di rilevanza collaborativa: Santa Maria di Leuca, Otranto, Porto Cesareo, Castro, Tricase, Brindisi e Gallipoli. Gli umili pescatori, proprietari di piccole imbarcazioni o pescherecci furono coloro che permisero inizialmente al progetto “Caretta caretta Italia” di raccogliere e marcare centinaia di esemplari, studiarne la loro etologia e a molti esemplari consentirne il recupero e le necessarie cure riabilitative. Non ebbero mai né finanziamenti né rimborsi spese; la grande capacità comunicativa e di socializzazione del Prof. Roberto Argano li aveva coinvolti e fatti sentire i primi protagonisti .
Dal 1984 in pochi anni furono marcati oltre 1200 esemplari soprattutto di Caretta caretta. Tante le tesi di laurea proprio su questo immane e specialistico progetto. Fummo i pionieri che fecero sorgere il centro recupero di Lampedusa, quello presso la Stazione di Biologia Marina dell’Università di Messina; quello in Basilicata in prossimità della foce del Fiume Sinni e molti altri in Calabria, Campania e Abruzzo. Lo stesso dicasi per la scoperta dei primi siti di ovo-deposizione in Italia di Caretta caretta lo si deve proprio alla nostra associazione, alla sua capillare rete di sempre più qualificati collaboratori, alle sue unità cinofile di cani labrador appositamente addestrate per individuarne i nidi.
Parallelamente partirono anche importanti collaborazioni con il Centro Studi Cetacei di Milano, l’A.R.C.A. intervenne dal 1982 al 1995 su alcune migliaia di spiaggiamenti di cetacei e tartarughe marine lungo tutti i litorali del Sud d’Italia. Su incarico della Procura della Pretura Circondariale di Otranto e Lecce nel 1986, offrimmo importanti collaborazioni utili alla definizione dell’ inchiesta sul caso Enichem Agricoltura di Manfredonia.
L’attivo e preparato Pretore in materia ambientale di Otranto, Ennio Cillo, aprì un’ inchiesta che fece emergere lo scarico, al largo delle coste salentine, di migliaia di metri cubi di pericolosi rifiuti industriali. Si trattava di caprolattame ed altre sostanze tossiche che provocavano gravi debilitazioni ed intossicazioni alla fauna marina in particolare in tutte quelle specie, cetacei e tartarughe che avevano una respirazione polmonare. Quando emergevano per respirare entravano in contatto con queste sostanze sospese che provocavano gravi danni alla cute, agli occhi ed alle vie respiratorie da cui ne conseguiva il loro spiaggiamento sovente ancora in vita. L’ A.R.C.A. in questa grande moria seppe davvero fare la differenza mobilitando centinaia di volontari: biologi, veterinari, nuclei della protezione civile e subacquei, forze dell’ ordine ma soprattutto ancora una volta i pescatori professionali e sportivi che vigilarono e pattugliarono centinaia di chilometri di costa dell’ Adriatico e dello Ionio. Dopo una complessa e lunga battaglia giudiziaria furono riconosciute le responsabilità e cause che portarono a tale moria ed a evitare che tale scempio potesse perpetrarsi.
È fu cosi che l’ A.R.C.A. si trovò ad operare su oltre 900Km di costa nelle regioni Puglia, Basilicata e Sicilia in cui, in caso di spiaggiamenti, volontari qualificati, a seguito anche di corsi formativi, erano in grado di operare tempestivamente grazie anche a sinergiche collaborazioni con tutte le forze dell’ ordine competenti territorialmente.
Merita citare un caso che risolse molti enigmi sull’ etologia delle tartarughe marine e sulla loro capacità erratico-migratoria. Era il 19 Agosto 1986 quando al largo del litorale salentino i pescatori di Santa Maria di Leuca raccolsero un giovane esemplare di Caretta caretta che aveva abboccato all'amo del loro palangaro. Pesava 9 chili ed era lunga 43 centimetri. Tempestivamente informarono il direttore del museo civico del Salento Roberto Basso in quanto presentava una targhetta di riconoscimento in acciaio insolita, non di quelle italiane, ma bensì con la scritta: Vir-Kej-Miami-Florida 33149. Inizialmente si pensò che fosse il risultato della marcatura da parte di un ricercatore americano operante nel Mediterraneo, poi, per scacciare dalla mente ogni possibile dubbio, il professor Roberto Argano decise di scrivere negli Stati Uniti, al misterioso indirizzo di Miami. Quando giunse la risposta il contenuto faceva emergere appieno la sensazionalità della scoperta. Rispondeva la ricercatrice Barbara Schroeder: “ La tartaruga è nostra. È nata nel 1981 sulla costa atlantica della Florida. L’ abbiamo tenuta nel nostro istituto per un anno poi, il 2 giugno del 1982, l’ abbiamo liberata al largo della lagune di Padre Island (Texas Meridionale). Pesava 546 grammi ed era lunga 14 centimetri. Da parte di tutti i ricercatori italiani ed americani l’ entusiasmo è altissimo. È la prima volta che ne è emersa la prova certa, che una Caretta caretta ha percorso oltre 10000 chilometri di mare”. Si supponeva che fossero erratiche e che compissero stagionali migrazioni, altre tartarughe targate da Roberto Basso e dai volontari A.R.C.A. ad Otranto e ritrovate in Grecia, Tunisia e Spagna. In onore della ricercatrice americana fu ribattezzata Barbara e potè riprendere la via del mare. E se sarà stata fortunata avrà potuto tornare a riprodursi su quella spiaggia ove è nata nel 1981. Non dimentichiamo la comprovata longevità di questa specie e vorremmo tutti sperare che sia ancora viva, che continui a nuotare libera attraversando oceani e mari, senza mai dimenticare che la nostra piccola ma attiva associazione ha saputo anche in questo caso porre un suo determinante contributo.
Se oggi le tartarughe marine nel Mediterraneo ed in particolare la specie Carretta caretta sono in evidente ripresa, sia come densità di popolazione, sia come numero di accertati e crescenti siti riproduttivi, Sicuramente lo si deve anche al lavoro svolto dall’ A.R.C.A. e dai suoi attivi volontari. Negli anni ottanta fummo i primi ad investire molte energie a favore dell’ educazione e sensibilità nelle scuole. Fummo i primi a denunciare i gravi danni che causavano i rifiuti plastici dispersi nell’ ambiente ed in particolare nel mare. Effettuammo centinaia di autopsie e esami dei contenuti stomacali, su tartarughe marine e cetacei che fecero emergere la conclamata presenza, nel loro apparato digerente, di corpi estranei dati da sacchetti di plastica ed altri oggetti.
Fondamentale è stata la faticosa ed onerosa attività volta a marcare il maggior numero di esemplari possibile, nonché di recuperare, curare e rimettere in natura i sempre più numerosi esemplari feriti o bisognosi di cure che giungevano presso i nostri centri di recupero.
Anche per quello che riguarda i cetacei fondamentale fu la sinergica collaborazione con il centro cetacei di Milano all’epoca ubicato presso il Civico Museo di Storia Naturale; l’autorevole esperienza di Giuseppe Notarbartolo Di Sciara fu determinante sotto il profilo dell'insegnamento e dei giusti stimoli per affinire e potenziare le nostre attività di ricerca. Anche per quello che riguarda i cetacei furono dal 1982 al 1985 centinaia gli interventi su spiaggiamenti di esemplari vivi o già deceduti. Ancora una volta l’esempio di tanti giovani volontari salentini costituì un esempio di sensibilità ed intraprendenza per molte altre associazioni e centri che andarono progressivamente a costituirsi in tutt’ Italia e nel mediterraneo.